mercoledì 22 aprile 2015

L'uomo camaleonte

ZELIG
Recensione


Finto documentario a cavallo tra gli anni Venti e Trenta che narra la bizzarra storia di Leonard Zelig (Allen), americano di origini ebree che presenta un’ignota malattia, ovvero una trasformazione psicosomatica che lo porta ad assumere sembianze e comportamenti dell’interlocutore. Una psichiatra (Farrow) ne studia il caso per arrivare a una guarigione e presto se ne innamora.

Allen veste una brillante commedia - con i soliti toni dissacratori – da documentario del tutto verosimile. Vengono utilizzate immagini di repertorio ritoccate per far “vivere” il personaggio in situazioni realmente avvenute. La fotografia è impeccabile, così come gli espedienti utilizzati per rendere veritiero il documentario – interviste, musiche, materiale d’archivio, utilizzo di strumenti cinematografici dell’epoca.

È con la consueta irriverenza che Allen narra metaforicamente la perdita di personalità dell’uomo nella società di massa, il suo rapporto con la fede e la morale. Celebri le battute sulla psicanalisi (“Devo andare a un congresso sulla masturbazione. Non vorrei che cominciassero prima di me”) e sull’ebraismo (“Ho 12 anni. Vado alla sinagoga. Chiedo al rabbino qual è il significato della vita. Lui mi dice qual è il significato della vita. Ma me lo dice in ebraico. Io non lo capisco, l'ebraico. Lui chiede 600 dollari per darmi lezioni di ebraico”).

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